Modelli mentali: cosa sono?

Sono i filtri con cui comprendiamo il funzionamento delle cose, la lente attraverso la quale percepiamo la realtà e che inevitabilmente la condiziona. 

Sono lo strumento con cui diamo forma al flusso di dati cui siamo continuamente sottoposti e con cui organizziamo le nostre conoscenze del mondo rimuovendo dettagli superflui e scomponendone complessità e ampiezza in segmenti più piccoli e facilmente gestibili.

Non solo influenzano cosa pensiamo e come comprendiamo, ma contribuiscono a plasmare connessioni e opportunità che vediamo o ignoriamo.       

Un modello mentale è una sorta di decalogo – un elenco di istruzioni per l’uso- per eseguire un compito, gestire una situazione, scegliere un comportamento o un corso d’azione, prendere una decisione in un certo contesto semplificando la complessità del reale. 

Se alcune informazioni ci sembrano più rilevanti rispetto ad altre, è perché il modello mentale che è all’opera consapevolmente o meno detta un ordine di priorità e importanza.  

Ci sono modelli mentali buoni e cattivi. Non si tratta di una valutazione morale, bensì pragmatica.

Ogni giorno, inconsapevolmente, applichiamo modelli mentali che ci permettono di “funzionare” in diversi contesti senza il rischio di essere sopraffatti dai molteplici stimoli e segnali che arrivano continuamente ai nostri sensi.

Sono delle scorciatoie mentali che ci semplificano la vita. Tuttavia, poiché agiscono a livello inconscio

>>> spesso producono comportamenti automatici che non sempre sono adeguati alle circostanze 

>>> possono essere causa di svariati bias cognitivi che tendono a portare a conclusioni errate.

Completamente diversi sono i risultati che si ottengono quando “ci mettiamo la testa” e scegliamo di applicare consapevolmente un modello mentale per

>> valutare una situazione da diverse prospettive

>> prevedere possibili scenari

>> analizzare opportunità

>> acquisire nuove informazioni

>> affinare la coscienza critica

Un modello mentale funziona un po’ come una ricetta che spiega come preparare un piatto e con quali ingredienti o la mappa di un territorio. 

Fuori di metafora, è una simulazione mentale di un’attività, di un’azione o di un comportamento, la rappresentazione del funzionamento di un processo che, grazie ad un meccanismo di feedback positivo, si è rafforzato fino a cristallizzarsi.

Il feedback positivo 

>> agisce come il fenomeno dell’erosione: lo scorrere incessante dell’acqua genera un solco che col passare del tempo si allarga e si fa più profondo fino a diventare un ruscello, poi un torrente.      

>> si verifica quando un’azione passata fortifica e amplifica l’effetto di un’azione futura che gradualmente plasma un modus operandi, come l’acqua scolpisce la roccia. 

Di modelli mentali, ne esistono moltissimi. Proviamo solo ad immaginare i possibili ambiti e domini della nostra esistenza. Per ognuno di essi se ne potrebbe costruire uno.

Dalla varietà e profondità dei modelli mentali che abbiamo a disposizione dipendono, tra le altre cose, la capacità di analizzare una situazione, la qualità di un ragionamento e l’abilità di apprendere nuove competenze. 

Arrivare a mettere a punto un modello mentale per imparare una lingua straniera ad esempio è il risultato di un percorso iterativo che si compone di una miriade di passaggi. 

Ad ognuno di essi corrispondono la pratica e l’acquisizione di molteplici abilità di base -saper riconoscere i suoni, saperli riprodurre, saperli comporre, ecc- che passo passo si stratificano e si intrecciano tra loro fino a comporre la capacità di comprendere e comunicare una nuova lingua.

Più si fa pratica, più ci si addentra in profondità nella struttura del modello. Sembra quasi paradossale, ma più lo si conosce accuratamente, più si è in grado di distaccarsene, di osservarlo dall’esterno. Quando si arriva a questo punto, si è in grado di scomporre e ricomporre un modello adattandolo di volta in volta a nuove situazioni. 

Saper creare una rappresentazione mentale del funzionamento di qualcosa -che sia il processo di apprendimento di una lingua o la struttura di un algoritmo- è una meta-capacità preziosa che va coltivata e affinata con perseveranza perché è la chiave per comprendere come si sviluppano abilità straordinarie. 

Un modello mentale per imparare una lingua

Premetto che il merito di aver messo a punto un modello mentale per imparare una lingua straniera 3-5 volte più velocemente rispetto allo standard va al Sig. David Lebor, fondatore di Zinguist.

In sintesi provo ad enunciarne le componenti essenziali.

1) L’archivio fonetico

Ogni lingua naturale è innanzitutto un insieme di sequenze di suoni: dall’insieme dei suoni minimi di una lingua, i fonemi, si attingono i mattoncini di base per costruire le sillabe che a loro volta si compongono tra loro a formare le parole.

Il primo passo per padroneggiare una lingua straniera è quindi saper riconoscerne i suoni, il che presuppone aver a disposizione un repertorio mentale di sillabe e fonemi dove ricercare di volta in volta possibili corrispondenze con ciò che giunge al nostro orecchio.

Questo repertorio funziona come una specie di dizionario in cui ad ogni suono -che può essere il singolo fonema o una sillaba- è associata un’immagine.

Un suono è meno memorabile di quanto non lo sia un’immagine e per sua natura tende ad essere dimenticato più velocemente. Grazie a questo lavoro di codifica riusciamo a fissare nella memoria sequenze di fonemi altrimenti evanescenti e quindi a riconoscerle ogniqualvolta che il nostro orecchio le percepisce.  

Il secondo beneficio è la facilità di riprodurre senza esitazioni una precisa sequenza di suoni al bisogno decodificando l’immagine corrispondente.

Inizialmente, come tutto ciò che non ci è familiare, questo processo può risultare incomprensibile e di scarsa utilità, ma è forse il passaggio più importante e decisivo perché è propedeutico alle attività successive.

Quali suoni archiviare e come codificarli in immagini?

La risposta a queste due domande è la chiave per costruire un archivio esaustivo, ben cristallizzato nella memoria e di agevole consultazione.

A parte il fonema, è consigliabile codificare sillabe singole o sequenze di due massimo tre sillabe per una questione di riusabilità. La frequenza di sillabe semplici tipo “be” è molto più elevata rispetto a quella di sillabe più lunghe tipo “beghe”. Quindi sarà molto più probabile riutilizzare con maggiore frequenza sillabe brevi anziché sillabe lunghe. 

Quanto alle immagini da associare ai suoni, il criterio di scelta è del tutto soggettivo. Considerazioni importanti a tal proposito:

>> l’associazione è basata esclusivamente sul nesso tra suono e immagine. Il significato del suono, purché una sillaba ne sia portatrice, in questa fase non ha rilevanza. 

>> quanto più immediata ed istintiva è l’immagine evocata dal suono, tanto più forte e duratura l’associazione. Non è detto che il processo di codifica sia così lineare ed automatico per tutti i suoni che voglio archiviare. In questi casi bisognerà pensarci su e scegliere l’immagine più evocativa possibile.  

>> è opportuno rinfrescare sistematicamente le immagini e verificare quanti suoni riesco a ricordare e viceversa. Per fissare nella memoria di lungo termine queste associazioni, nei primi mesi di pratica si raccomanda un ripasso almeno due volte la settimana.

2) Un itinerario di associazioni

Se siamo in grado di visualizzare mentalmente e con dovizia di particolari un luogo che frequentiamo quotidianamente (ad esempio la casa in cui viviamo) e al quale non prestiamo più di tanta attenzione consapevole, allora pensate a quanti più percorsi possiamo memorizzare semplicemente spostando la nostra concentrazione, seppur per breve tempo, sullo spazio che ci circonda.

In ciò consiste il potere altamente sottovalutato della memoria visiva: una miniera d’oro di dati di cui siamo già in possesso che, se usati sapientemente, facilitano l’assimilazione di nuove informazioni. 

I partecipanti di Zinguist imparano a memorizzare intere espressioni alla volta utilizzando antiche tecniche mnemoniche basate sulla memoria visiva, ma con un nuovo potente sviluppo: si fanno vere e proprie passeggiate nella memoria e si impara una singola espressione per locus.  

 3) Conversation Tree

Siamo generalmente abituati a studiare il lessico di una lingua straniera per argomenti seguendo la suddivisione proposta dal libro di testo o da una delle svariate applicazioni che popolano i nostri smartphone senza considerare un punto fondamentale: l’autore del libro o dell’app spesso ha in mente un utente fittizio che esiste solo nell’aula di scuola. E non può che essere così quando si tratta di didattica. Tuttavia, nel mondo reale una lingua, non la si impara per “argomenti” ma per situazioni o contesti comunicativi. 

Studenti diversi avranno esigenze specifiche e diverse, ma l’obiettivo di ciascuno è comune: raggiungere la cosiddetta micro-fluency nella lingua target. Micro-fluency significa molto semplicemente riuscire a gestire con scioltezza una determinata situazione comunicativa utilizzando le stesse parole, espressioni, modi di dire e strutture sintattiche che userebbe un madrelingua. 

L’albero conversazionale –conversation treeserve proprio a questo: fornire allo studente rappresentazione audiovisiva di tutte le possibili diramazioni di una conversazione.

4) Pratica con madrelingua

Le modalità uniche di interazione con i madrelingua dedicati e un ambiente di apprendimento improntato alla logica del feedback positivo contribuiscono in modo decisivo al successo dei partecipanti.

5) Allenare la voce della mente

Tramite tre diverse modalità di ascolto, si arriva a sviluppare una consapevolezza delle caratteristiche strutturali della lingua target e si impara a dedurre il senso di ciò che si ascolta prestando attenzione a fattori quali intonazione, accentazione e ritmo.  

Per approfondimenti su Zinguist, vi rimando al sito web ufficiale: https://www.zinguist.com

Per una raccolta di altri modelli mentali di comprovata efficacia e approfondimenti sul tema, vi rimando a questi siti: 

https://mentalmodelclub.com/mentalmodelclub/#definition