Sebbene le preoccupazioni principali del nostro tempo sembrano essere produttività, rendimento e formazione continua- ciò che si potrebbe definire crescita orizzontale-, una vera e propria ossessione per la mentalità odierna sia nel mondo aziendale sia in quello accademico, il problema alla base è un altro: la crescita “verticale” dei singoli e del gruppo all’interno di un contesto sociale o lavorativo. Per crescita “verticale” s’intende il livello di autoconsapevolezza, cioè lo stadio di sviluppo della coscienza di sé.
Ed è proprio la consapevolezza di questi due diversi piani di sviluppo che contraddistingue il leader illuminato.
Il leader, colei o colui che si potrebbe definire una guida autorevole, è una persona che ha nel cuore il desiderio di fare la differenza, di lasciare un segno tangibile del proprio operato migliorando la realtà in cui vive, un segno positivo e di rilievo, di contribuire alla crescita delle persone con cui entra in contatto. Tuttavia un desiderio del genere è rischioso perché comporta andare oltre tutto ciò che già esiste, mettersi in gioco, innovare ed esercitare autorevolezza.
Esercitare autorevolezza vuol dire da un lato costruire fiducia perché stiamo chiedendo a chi ci sta attorno di abbandonare un porto sicuro e seguirci verso lidi sconosciuti, di intraprendere strade nuove non ancora battute; dall’altro significa adoperarsi per costruire un futuro per chi ci sta a cuore, un futuro che diversamente esisterebbe.
Condizione essenziale per diventare autorevoli è decifrare il segreto della crescita.
Ken Wilber, uno dei più influenti pensatori del nostro tempo, individua tre fasi nell’evoluzione di qualsiasi sistema complesso: l’emersione, la differenziazione e l’integrazione.
Se vogliamo evolvere, dobbiamo prima emergere attraversando due momenti cruciali: il risveglio (Wake up) e la crescita (Grow up). Il risveglio consiste nel prendere coscienza dell’illusione del potere e del controllo di cui spesso siamo vittima e nella capacità di liberarci da tutti quegli aspetti di noi stessi che ci impediscono di crescere: pregiudizi, idee radicate, abitudini, atteggiamenti regressivi, ecc.
Solo dopo essermi risvegliato e aver riconosciuto i limiti e i vincoli che mi ostacolano tenendomi legato alla consuetudine- “ho sempre fatto così e funziona”-, sono finalmente libero di progredire. Condizione essenziale per crescere è coltivare un atteggiamento umile, curioso e ricettivo di fronte a tutto ciò che ci sembra inconsueto, strano e fuori dall’ordinario.
Per poter fare il salto di qualità nella crescita personale e professionale e far così emergere completamente il nostro potenziale è opportuno mettere in discussione tutto ciò che già riteniamo di sapere, le nostre convinzioni, pena l’obsolescenza e l’estinzione.
Emergere è un processo laborioso che richiede tempo e disponibilità alla trasformazione. Lasciare emergere la versione migliore di noi stessi giorno dopo giorno con continuità e perseveranza è non solo necessario per sopravvivere in un mondo complesso, incerto e ambiguo ma anche auspicabile perché solo così possiamo contribuire al bene comune con tutto il nostro talento e creatività. È una questione di responsabilità individuale e collettiva.
Tutto inizia con il desiderio ardente di cambiare, con la consapevolezza del fatto che qualcosa non funziona come dovrebbe nel nostro modo di vivere, di lavorare di consumare, ecc. e con la ricerca incessante di modi migliori di pensare e di agire.
La seconda fase dell’evoluzione di un sistema complesso- che si tratti di un’azienda, un essere umano o una squadra di atleti- consiste nella capacità di differenziarsi e di saper differenziare.
Differenziarsi vuol dire entrare in relazione con un contesto e costruirsi una propria identità che sarà distinta da tutto ciò che già esiste. Saper differenziare significa guardare ad un problema con occhio critico e analitico, identificarne le componenti costitutive e i dettagli apparentemente insignificanti ed escogitare la soluzione più adeguata. La mancata differenziazione comporta soluzioni inefficaci e spreco di tempo e risorse.
L’ultimo passaggio, forse quello più trascurato e difficile, è l’integrazione. Integrare vuol dire saper sintetizzare tutto ciò che prima abbiamo scomposto e differenziato in approcci nuovi ed interdisciplinari. Per fare ciò è necessario abbattere i compartimenti stagni che ci tengono isolati e che ci impediscono di valorizzare al meglio il nostro talento e le nostre competenze. Chi sa integrare efficacemente diventa un aggregatore di conoscenze che se prese singolarmente sono utili, ma, se sintetizzate e messe in pratica diventano saggezza. L’integrazione fa la differenza tra un livello di sviluppo e quello successivo.