Quanto è accurata la nostra percezione dell’energia che abbiamo a disposizione? Secondo il Dott. Alan Watkins tendiamo ora a sottostimarla ora a sovrastimarla senza un’indicazione accurata di quanta ce ne sia effettivamente disponibile nel serbatoio.
Grazie alla cosiddetta variabilità del battito cardiaco (l’acronimo inglese è HRV, heart rate variability), un parametro diffusamente usato dalla comunità medica, oggi è possibile non solo quantificare precisamente il livello di energia di una persona, ma anche prevedere se ne ha a sufficienza per portare a termine un lavoro o se invece ne è sprovvista.
L’energia può essere misurata in termini di efficienza della fisiologia del nostro corpo. Sebbene ci sia un nesso tra forma fisica ed energia, le due non sono necessariamente correlate. Pensiamo ad un’automobile con il serbatoio pieno che attraversa una metropoli in pieno orario di punta: procede ad “intermittenza” fermandosi e ripartendo di continuo, avanzando a passo d’uomo. Pensiamo ora alla stessa automobile con il serbatoio pieno che viaggia alla velocità costante di 80 km/h lungo la corsia di sorpasso di un’autostrada. Nel primo caso l’auto consumerà molta più benzina per non parlare dell’usura del cambio e del freno causata da questo incedere incostante. Il nostro corpo è un po’ come questa macchina: può viaggiare scorrevolmente a velocità costante consumando poco e in modo efficiente oppure sprecare carburante a volontà viaggiando costantemente sotto sforzo.
Un’indicazione utile per capire quanto carburante consumiamo e in che modo lo consumiamo nel corso di una giornata arriva dal calcolo della variabilità del battito cardiaco, vale a dire, l’intervallo di tempo tra 2 diversi battiti in successione. Forse non ne siamo consapevoli, sta di fatto che il nostro cuore non pulsa regolarmente ma continua a cambiare di ritmo dando origine ai diversi intervalli che si possono identificare tra battito e battito. La variabilità del battito cardiaco misura esattamente la differenza di intervallo tra due battiti successivi e cerca di spiegarne le cause e il significato.
Le informazioni che si possono ricavare da questo parametro sono l’equivalente di una miniera d’oro poiché si possono usare per ritrovare rinnovato vigore fisico, sentirsi più giovani e dare il meglio di sé con continuità. Trovare la “giusta” variabilità significa da un lato generare coerenza cardiaca, che abbiamo visto essere il prerequisito di ogni prestazione ottimale, dall’altro innescare la sincronizzazione dell’intero sistema attorno al pendolo più potente del nostro corpo: il cuore.
Dal monitoraggio della variabilità del battito cardiaco è possibile prevedere con grande accuratezza se una persona è improduttiva perché è demotivata o perché ha esaurito le energie, se il corpo recupera efficacemente dopo uno sforzo o se invece è in procinto di crollare.
La variabilità del battito è diversa dalla rilevazione del polso il cui obiettivo è stabilire la frequenza cardiaca media nell’arco di un minuto: si calcola il numero di battiti durante 15 secondi e lo si moltiplica per 4 ottenendo il numero di pulsazioni al minuto. Durante questi 15 secondi, tuttavia, si verificano dei cambiamenti nel ritmo del battito che la semplice misurazione del polso non rileva, cambiamenti che, se interpretati adeguatamente, rivelano una miriade di informazioni sulla complessità e magnificenza del corpo umano.
L’immagine sottostante ci aiuta a capire il senso della variabilità del battito cardiaco. Si tratta un grafico detto tacogramma che registra i cambiamenti della frequenza cardiaca mostrando come il cuore accelera a decelera col passare del tempo. Osservando la prima immagine, si nota come la frequenza cardiaca del soggetto- un dirigente molto impegnato- si attesti su una media di 65 battiti al minuti (bpm, beat per minute) durante un paio di incontri informali per impennarsi fino a 105 bpm mentre cammina verso la stazione prima di scendere leggermente dopo aver raggiunto la destinazione.
Il secondo tacogramma mostra un fatto curioso e inaspettato: dopo aver percorso di corsa le scale mobili fino alla banchina di partenza con uno sforzo fisico che traduce in una frequenza accelerata, la sua frequenza cardiaca sembra attestarsi in uno stato di riposo finché non si accorge di aver il perso il treno. Anche in assenza di ulteriori sforzi fisici, la frequenza cardiaca rimane elevata fino a raggiungere i 100 bpm: l’aver perso il treno è motivo di frustrazione che si manifesta nell’accelerazione del battito cardiaco e che causa un consumo elevato di energia. Ecco come un fattore esterno possa “sconvolgere” la nostra fisiologia, il che spiega non solo come a causa di una giornata frustrante torniamo a casa esausti ma anche quanto siano importanti la coerenza fisiologica ed emotiva ai fini della gestione dell’energia.
Qualsiasi cambiamento “ambientale” nel contesto lavorativo o sociale, qualsiasi evento esterno e la relativa risposta emotiva individuale e qualsiasi sforzo fisico- in sintesi tutto ciò che facciamo e il nostro atteggiamento- provocano una variazione corrispondente nella nostra fisiologia che si riflette nella variabilità del battito cardiaco e in altre trasformazioni di cui non siamo consapevoli. Tutto ciò influenza la nostra percezione, il modo in cui ci sentiamo e, a cascata, il nostro modo di pensare e di agire e di conseguenza la qualità dei nostri risultati. È chiaro dunque come ambiente esterno ed interno interagiscano strettamente influenzandosi a vicenda.
Se vogliamo sperimentare quella forza fisica e mentale tipica della giovinezza e conseguire risultati ottimali con costanza dobbiamo prima capire quanta energia abbiamo a disposizione ed imparare a sfruttarla efficientemente.