Il nostro benessere emotivo è considerevolmente influenzato dal livello di controllo che abbiamo sulla nostra vita. Nel 1991 il Prof. Michael Marmot condusse una ricerca su 18.000 funzionari del British Civil Service che mise in luce una correlazione diretta tra il livello di autonomia di cui godevano nelle loro mansioni, la probabilità di mortalità e la presenza di fattori di rischio di certe patologie. Dallo studio emerse che i funzionari con poca o nessuna autonomia decisionale- portieri, corrieri, ecc.- avevano una probabilità di mortalità di tre volte superiore rispetto a colleghi che ricoprivano incarichi di maggiore responsabilità. Inoltre, i primi avevano il doppio delle probabilità di morire a causa dei tipici fattori di rischio rispetto ai secondi. Sebbene ai vertici ci sia molto più stress, quadri e dirigenti godono di maggiore autonomia e controllo sul proprio operato.
Un altro studio condotto negli anni 70 da due docenti di Psicologia di Harvard rivela una correlazione tra tasso di mortalità e il livello di autonomia con cui un individuo conduce la propria vita. I soggetti dell’esperimento, gli ospiti di una casa di riposo, sono stati divisi in due gruppi. Ad uno di essi fu chiesto di scegliere la pianta che avrebbero voluto in camera e di prendersene cura nonché di gestire in autonomia le decisioni riguardanti la loro vita quotidiana- orari di visita, come impiegare il tempo libero, ecc-. Il secondo gruppo invece dipendeva in tutto e per tutto dal personale della casa di riposo. Dopo diversi test ripetuti nell’arco di 18 mesi si è visto che i soggetti del primo gruppo erano più felici, attivi e sani rispetti a quelli del secondo gruppo. Non solo -e questa fu forse la scoperta più sorprendente-, guardando al tasso di mortalità, le ricercatrici hanno registrato nel primo gruppo meno della metà dei decessi rispetto al secondo. Il messaggio è chiaro: coloro che hanno la percezione di non essere in controllo della propria vita godono di meno successo e di meno salute fisica e psichica di chi invece si sente in controllo.
È certo che non sempre abbiamo il controllo di ciò che ci succede- eventi, situazioni imprevisti che semplicemente accadono indipendentemente dalla nostra volontà-, ma possiamo controllare il modo in cui li interpretiamo, il significato che ne attribuiamo e come rispondiamo. Nel modo in cui decidiamo di interpretare emotivamente tutto ciò che sfugge al nostro controllo- bicchiere mezzo pieno o bicchiere mezzo vuoto- si gioca la qualità della nostra vita. La differenza tra felicità e infelicità, tra senso di riuscita e fallimento sta proprio nella scelta delle emozioni con cui viviamo ciò che ci succede.
A livello biologico, uno stato emotivo perennemente negativo si traduce in un aumento del cortisolo nel sangue che tende a sopprimere il sistema immunitario. Il nostro corpo genera spontaneamente cellule cancerogene, ma quando sperimentiamo uno stato emotivo coerente ed equilibrato, il sistema immunitario le elimina. Quando invece lo stato emotivo è negativo e depresso, il cortisolo in aumento compromette il funzionamento del sistema immunitario che stenta a contrastare le cellule tumorali.
È fondamentale capire che le emozioni che sperimentiamo nel momento in cui facciamo qualcosa hanno un impatto di gran lunga superiore sulla nostra felicità e salute di quanto non abbia l’attività in sé. In altre parole, se sprofondo nell’autocommiserazione per aver saltato un altro appuntamento in palestra o mi sento in colpa per la porzione extra di gelato, mi sto facendo molto più male di quanto non faccia qualche caloria in più.
Pensiamo ad esempio all’esercizio fisico. Il vero beneficio dell’allenamento si manifesta quando ciò che faccio- che sia correre, sollevare pesi o altro- trova una corrispondenza in ciò che sperimento a livello emotivo. Se mi obbligo ad andare in palestra sebbene non mi piaccia, il mio corpo reagisce in modo catabolico e mi ritrovo sul versante negativo della griglia della prestazione. L’allenamento finisce così per sortire l’effetto opposto a quello desiderato: anziché essere salutare compromette il mio stato fisiologico. Se invece amo andare in palestra, il mio corpo genera una risposta di tipo anabolico ed esercitarsi sarà molto più giovevole perché mi colloco sul versante positivo della griglia della prestazione.
Intelligenza emotiva è anche questo: saper decodificare il linguaggio della fisiologia- ciò che il corpo ci dice in un dato momento- e rispondere di conseguenza. Qualità della vita, felicità e salute sono considerevolmente influenzate dalle emozioni e sviluppare coerenza emotiva non sola ci aiuta ad essere più brillanti e produttivi ma potrebbe anche salvarci la vita.